Al di là dei pronostici: cosa ci sta insegnando il Pisa di Inzaghi

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Filippo Inzaghi ha portato qualcosa di più di un’idea di gioco a Pisa. Ha portato un’identità. Un gruppo che lotta unito, che guarda alla Serie A senza perdere di vista ciò che davvero conta: i valori. E Cetilar® è al suo fianco, dentro questa storia di coraggio, squadra e futuro.

Un sogno che non nasce da un pronostico

Certe storie non cominciano con i riflettori puntati. Cominciano nel silenzio degli allenamenti, nei discorsi nello spogliatoio, in quelle mattine in cui si lavora mentre nessuno guarda. Il Pisa Sporting Club è una di queste storie.

A sei giornate dalla fine del campionato di Serie B, la squadra guidata da Filippo Inzaghi è seconda in classifica. La possibilità di promozione in Serie A è vicina, ma ciò che emoziona non è solo la classifica. È quello che la squadra rappresenta, che va oltre il risultato.

“Stiamo cercando di costruire un progetto che duri nel tempo”, ci ha detto il mister, che ha portato a Pisa la sua fame, la sua disciplina e “quella che è stata la mia mentalità da calciatore e ora da allenatore, grazie alla quale ho raccolto frutti e ho realizzato diversi obiettivi che avevo.”

La stessa mentalità che lo ha reso uno dei simboli di un’epoca. Leggenda del Milan e della Juventus, considerato uno dei migliori centravanti della sua generazione, è il calciatore che ha segnato più reti in una singola finale di UEFA Champions League e con la nazionale italiana è stato campione del mondo nel 2006.

Valori, scelte quotidiane, sacrificio condiviso. “I risultati non arrivano per caso. Ai miei giocatori cerco di portare la voglia di sacrificarsi, l’impegno, il duro lavoro.”

Non si tratta solo di tattica o schemi. A Pisa, si è acceso un fuoco. E da quel fuoco, ogni sportivo può trarre ispirazione.

 

Mentalità Inzaghi: il sacrificio come valore fondante

C’è un tratto che accomuna tutti gli atleti che hanno lasciato un segno indelebile: la capacità di soffrire senza far rumore. Filippo Inzaghi lo conosce bene. Lo ha imparato nei campi della provincia, lo ha scolpito nelle notti europee, e ora lo ha portato con sé a Pisa, da allenatore.

Ma se oggi il suo nome fa subito pensare a gol e trofei, è perché prima di tutto parla di lavoro costante e quotidiano. Ed è questo che ha trasmesso, fin dal primo giorno, alla squadra nerazzurra.

Nell’intervista che ci ha rilasciato, il mister lo dice senza retorica: “Il talento da solo non basta. Faccio lavorare molto i miei ragazzi. Hanno capito che, se si lavora duramente è più facile ottenere risultati positivi. Quello che speriamo io e la società è che la squadra continui a crescere e quando riusciremo ad arrivare dove manchiamo da tantissimi anni, saremo pronti.” È questa convinzione profonda a guidare ogni scelta tecnica e ogni momento formativo sul campo. Non ci sono scorciatoie. Non c’è gloria senza dedizione.

A Pisa, questa mentalità si è fatta collettiva: ogni allenamento è una lezione di identità. Inzaghi non chiede ai suoi giocatori di essere perfetti. Chiede loro di essere affidabili. Di dare tutto, sempre. Di allenarsi come si gioca e di giocare come se ogni partita facesse la differenza.

“Ho avuto tanti allenatori e tutti mi hanno dato qualcosa. Se devo pensare a uno in particolare, penso ad Ancelotti. Lui è amato da tutti, ha una grande gestione del gruppo, è una persona perbene. Con lui sapevamo che, se avessimo dato tutto, avremmo avuto un riscontro positivo; altrimenti si sarebbe arrabbiato. Chi lo conosce bene sa che, quando alzava il sopracciglio, c’era da preoccuparsi.” scherza Inzaghi.

Poi torna serio e con consapevolezza ci dice: “Il ruolo dell’allenatore è un po’ come quello del genitore: bisogna usare il bastone e la carota al momento giusto. Gli allenatori ti danno, ma ti tolgono anche. Siamo umani, facciamo errori. Per cui io cerco di essere il più vero possibile. Quando dici sempre la verità, non prendi in giro nessuno, i giocatori comprendono anche le scelte difficili, ti rispettano e sono contenti di lavorare, di seguire le tue indicazioni.”

In un calcio spesso dominato da pressioni e numeri, Inzaghi riporta tutto all’essenziale: il gruppo, la concentrazione, la coerenza. E lo fa con un’intensità che non ha bisogno di urla. Gli basta uno sguardo, una parola detta al momento giusto, un silenzio carico di significato.

Quello che sta insegnando a Pisa non è solo un modo di vincere. È un modo di vivere lo sport. E chiunque pratichi attività sportiva, a qualsiasi livello, può riconoscersi in quella filosofia: dare tutto, ogni giorno, per essere un po’ più forti di ieri.

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Il gruppo prima dell’io: la vera forza del Pisa

Ci sono stagioni in cui il talento di un singolo trascina. E poi ci sono stagioni in cui è il gruppo a diventare il protagonista assoluto.

La mano di Inzaghi si vede nel gioco del Pisa Sporting Club, ma soprattutto nell’alchimia che si respira tra i giocatori. In campo si muovono come una persona sola: coperture reciproche, sacrificio nei rientri, entusiasmo condiviso nei gol.

Non ci sono prime donne. Ci sono uomini che si fidano gli uni degli altri e che lottano insieme.

È il risultato di un’identità costruita giorno dopo giorno, nel lavoro quotidiano e nei momenti difficili.

Lo stesso Inzaghi lo dice chiaramente: “Cerco di portare la squadra a ragionare un po’ più col noi e meno con l’io. In una squadra vincente non c’è spazio per chi pensa solo a se stesso.”

E questa visione non si limita alla domenica. Si vede negli allenamenti, nei consigli tra veterani e giovani, nel rincorrere l’avversario fino al 90° anche quando non si ha più fiato.

La sensazione è che ogni punto conquistato sia frutto di una cooperazione profonda, e non di episodi isolati.

Per chi vive lo sport nella propria quotidianità – tra allenamenti dopo il lavoro, sveglie presto per una corsa e la fatica lontano dai riflettori – questa è una lezione potente: non si cresce da soli.

Ogni obiettivo importante ha bisogno di spalle su cui contare, di qualcuno che ti spinga quando vorresti fermarti. Il Pisa lo dimostra, giornata dopo giornata. E lo fa con la naturalezza di chi non cerca eroi, ma compagni di battaglia.

 

La visione: non solo promozione, ma un futuro da costruire

È facile pensare che tutto ruoti intorno alla promozione in Serie A. Ed in parte è vero: l’obiettivo è lì, a un passo.

Con sei giornate ancora da giocare, il Pisa è secondo in classifica con 63 punti, a 9 lunghezze dal Sassuolo capolista (72 punti) e 5 punti sopra lo Spezia, terzo a quota 58.
Una posizione privilegiata, ma da difendere con determinazione fino all’ultima giornata.

Questa squadra non è un fuoco di paglia, né il risultato di una stagione fortunata. È il frutto di una visione chiara, condivisa da società, staff tecnico e giocatori. Una visione che parla di continuità, di crescita, di valori.

“Tutti sanno che è qualche anno che volevo venire qua, perché conoscevo la società, avevo già allenato diversi giocatori, sapevo il gruppo che trovavo… Partita dopo partita la squadra si è unita e sono arrivati i risultati. Non siamo partiti col favore dei pronostici e non dobbiamo arrivare in serie A per forza. Dobbiamo far crescere quella che è una delle squadre più giovani della serie B. Ciò di cui sono contento è che [i ragazzi] hanno capito che lavorando bene e seriamente si possono anche ribaltare i pronostici.”

Ecco il punto: le promozioni possono arrivare oppure no, ma la cultura sportiva si costruisce nel tempo, con coerenza, con visione, con lavoro.

Per chi ama lo sport, questo è un messaggio forte: non contano solo i traguardi. Conta il modo in cui li si raggiunge, conta ciò che lasci dietro di te: un esempio, un modo di vivere, una comunità unita.

Il Pisa Sporting Club sta tracciando questa rotta e non la sta percorrendo da solo.

“Sono contento che la tifoseria sia orgogliosa dei propri giocatori. Sapevo che questo è un pubblico che, se dai, se lotti, se sudi la maglia, te lo riconosce e ti sta accanto. Pisa è una piazza importante, merita una squadra competitiva anche negli anni futuri”.

Non è retorica. È questa la forza del progetto: non vivere sul filo del risultato, ma costruire qualcosa di solido per il domani. E farlo con coerenza, intensità e spirito di appartenenza.

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Cetilar® e Pisa SC: una partnership che condivide lo stesso DNA

Dietro ogni grande squadra c’è una rete di sostegno. E per il Pisa, quella rete ha il volto di chi crede nello sport come scuola di vita, come veicolo di cultura, salute e identità.

La partnership tra Cetilar® e Pisa SC nasce proprio da qui: da una condivisione autentica di valori, dentro e fuori dal campo.

Cetilar® non è solo un logo sulle maglie: è parte di un progetto più ampio, che vuole ispirare, sostenere, promuovere il benessere fisico e mentale attraverso lo sport. Inzaghi, con la sua visione e il suo percorso, incarna perfettamente questo spirito: sacrificio, disciplina, passione.

Sostenere il Pisa significa per Cetilar® sostenere uno stile di vita attivo, autentico, fatto di obiettivi chiari e fatica vera. Significa credere che il calcio, come ogni sport, sia un linguaggio universale capace di unire generazioni, città, mentalità. Significa contribuire a una cultura sportiva che non vive solo nelle partite, ma anche nei valori che quelle partite trasmettono.

Questa stagione ci sta regalando emozioni forti. Ma la cosa più importante è sapere che, al di là dei gol, delle classifiche e dei minuti di gioco, ci sono persone, progetti e sogni che si muovono nella stessa direzione.

Cetilar® è lì, al fianco del Pisa Sporting Club, per correre insieme, fino al novantesimo minuto e anche dopo.

 

Un esempio che va oltre il campo

A sei giornate dalla fine, tutto è ancora da decidere. Ma una cosa è certa: questo Pisa ha già vinto qualcosa di più grande della promozione.

Ha vinto il rispetto, la credibilità e l’opportunità di essere un esempio per chi vive lo sport con serietà e dedizione.

Con Inzaghi a bordo campo e una squadra unita e motivata, il Pisa non sta solo inseguendo un sogno: lo sta costruendo, un allenamento alla volta.

Ed è proprio ciò che rende questa storia degna di essere raccontata: non perché sia perfetta, ma perché vera.

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