La sua passione per la vela è iniziata all’età di otto anni e, come la maggior parte dei velisti, la prima esperienza l’ha fatta nella classe Optimist, dove ha militato sino all’età di quindici anni, passando successivamente alle classi superiori: 420, 470, Europa, categoria in cui ha raggiunto i primi importanti risultati a livello internazionale.
Parallelamente all’attività agonistica, Benussi ha intrapreso l’attività professionale, collaborando, dal 1992 al 1999, come velaio in una nota veleria di Trieste, l’Olimpic Sails, dove si è specializzato nell’evoluzione delle forme delle vele utilizzate nei principali circuiti d’altura e nelle classi monotipo. Proprio in queste classi ha ottenuto ottimi risultati che lo hanno catapultato ai vertici della vela internazionale.
Al suo attivo vanta 4 titoli mondiali, 4 titoli europei, 2 campionati del mediterraneo, 4 vittorie alla Maxi Rolex Cup, 11 titoli italiani, 8 vittorie al Giro d’Italia a Vela, due primi posti alla prestigiosissima Coppa del Re di Palma di Maiorca, solo per citarne alcuni.
Così, nell’accogliente cornice dello Yacht Club Repubblica Marinara di Pisa ci siamo seduti a un tavolo e abbiamo iniziato a parlare con l’ultimo arrivato dell’equipaggio…
- Gabriele Benussi, nuovo tattico del Vitamina Sailing Team, parlaci un po’ del tuo ingresso nel gruppo…
Sono arrivato quest’anno dopo le prime due tappe del circuito, mi ha contattato Andrea Fornaro, Team Manager. Non avevo la disponibilità per fare tutte le regate avendo altri impegni presi da tempo quindi ho fatto la tappa di Porto Ercole e le due tappe americane: il campionato americano e il campionato mondiale.
I risultati sono stati buoni, mi sono trovato bene con l’equipaggio, l’equipaggio si è trovato bene con me e abbiamo scelto di proseguire per il nuovo anno e per la nuova stagione di regate…
- Che impressione hai avuto entrando in contatto con il team di Vitamina?
Beh, molti ragazzi li conoscevo già, abbiamo regatato assieme su altre barche o siamo stati avversari… Chi non conoscevo a livello velistico è Andrea Fornaro con cui ho avuto però da subito un ottimo rapporto, e l’armatore Andrea Lacorte, con lui non avevo mai navigato ed è stato comunque un grosso piacere: è una persona che apprende moltissimo, è in forte crescita ed è molto motivato. Per noi tattici è fondamentale andare in barca con armatori con una forte motivazione e con la possibilità di crescere ulteriormente a livello velistico.
- Ci ha raccontato Andrea di questo nuovo format di allenamento: affiancare un secondo team che faccia da sparring partner… cosa ne pensi di questo esperimento?
È una cosa molto importante per noi avere uno sparring partner che fa parte della stessa squadra: possiamo condividere dati utili sulle molte regolazioni, possiamo evolvere dal punto di vista del tuning della barca e riuscire a navigare più veloci nelle varie condizioni. Avere due barche sotto la stessa proprietà, armate nello stesso modo, con le stesse vele e che a fine allenamento condividono i dati fa sicuramente una bella differenza nel far crescere le performance della barca. In più, questa situazione ci permette di fare allenamenti specifici per quelli che sono i nostri punti deboli affinché non lo siano più.
Altro aspetto fondamentale in questi allenamenti è la continuità, continuità significa che almeno una volta al mese bisogna scendere in mare con lo stesso equipaggio.
- Il mondiale di quest’anno è stato un successo inaspettato, parlaci del tuo ruolo a bordo…
Il tattico a bordo deve essere il leader: deve essere bravo a condividere sia i momenti buoni sia i momenti meno buoni, riuscire a risollevare il morale quando è basso e tenere sempre alto un certo livello di agonismo e di grinta, la base per ottenere risultati in regata.
Il punto di partenza è che l’equipaggio abbia piena fiducia nel tattico. Funziona come in qualsiasi altro gruppo di lavoro: se c’è un anellino che non ha fiducia nel proprio leader, la squadra non funziona. Per il momento questo elemento c’è, i ragazzi hanno fiducia in me e io ho fiducia nei ragazzi e in Andrea, per cui lavoriamo molto bene assieme.
Al mondiale le barche presenti erano 13, molto forti e con un livello di preparazione molto alto. Potevano vincere il titolo 7-8 barche e noi non eravamo fra quelle perché appena arrivati e con me come nuovo inserimento. Abbiamo avuto una giornata particolarmente difficile, in realtà si è trattato di una prova sola… dove niente ha funzionato. Alla fine della regata ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti Questi non siamo noi, possiamo far meglio… e la prova dopo l’abbiamo vinta con grande vantaggio. Questo è un segnale di forza del team che sa reagire nei momenti in cui sembra che tutto sia perduto e invece trovi la forza e ribalti la situazione a tuo favore. Da lì in poi abbiamo fatto uno score incredibile, nelle successive 5 regate abbiamo fatto il miglior punteggio di tutti rimanendo sempre tra i primi 5 classificati e se facciamo le somme di quei piazzamenti saremmo stati primi. È chiaro che va rapportato sul totale, ma rimane evidente la nostra crescita in relazione a tutto il campionato ed è un bello stimolo per tutti.
Se un team parte bene e dopo va un po’ peggio alla fine anche a livello morale ne soffri e ti dici Cavolo, gli altri sono migliorati e noi siamo calati, quando il gioco si è fatto duro sono stati più duri gli altri… A livello psicologico ne risente l’umore del team. Se invece riesci ad avere un finale in crescita è sempre una cosa molto positiva per tutto il gruppo.
- E come riesci nei momenti più difficili a prevenire nel gruppo l’insinuarsi di un malumore o uno scoraggiamento?
Io devo fare da legante. Devo essere forte prima di loro, se quei sentimenti negativi arrivano in me devo essere bravo a trasformarli e trasferirli a loro come stimolo convincente e affinché facciano da legante per tutto il gruppo.
Il lavoro del tattico non è un lavoro facile perché se fai uno sbaglio lo vedono tutti subito. Se in regata sbagliamo un bordo vediamo subito gli altri che passano davanti ed è evidente che lo sbaglio è esclusivamente mio. A volte può capitare che il tattico ha la giornata no, si sbagliano le regate e l’equipaggio si deprime. Lì devi essere veramente bravo nel tenere su l’equipaggio altrimenti rischi che invece di un settimo ti accontenti di un nono posto e questo non va mai bene. Queste sono regate che si giocano su pochi punti, al mondiale eravamo a 9 punti dal primo, a 3 dal secondo e a 2, solo due punti dal terzo… e sono pochissimi. Considera che noi abbiamo perso il terzo posto nella penultima prova in cui eravamo primi e il terzo era terzo in quella prova e in un frangente di 150m lui è passato da terzo a primo e noi da primi a secondi e per quella sola differenza di punti noi al mondiale siamo arrivati quarti e non terzi.
Capisci quindi che quando le regate partono già da un livello altissimo, come ti ho detto all’inizio, e si basano su delle differenze di punteggio minime, il non mollare mai è la regola e bisogna cercare di fare meno punti possibile anche e soprattutto nel momento negativo (in questo tipo di regate vince chi fa meno punti – ndr). La tensione deve essere sempre al massimo perché un piccolo errore può significare tanto e io devo essere bravo a non far perdere d’animo i ragazzi e farli lottare per un settimo posto piuttosto che accettare con poco sforzo un nono.
Durante quest’anno ci è riuscito spesso, magari giravamo di bolina ottavi e riuscivamo a finire settimi o addirittura quinti. Sono passi in avanti importanti soprattutto perché è molto difficile recuperare posizioni in una flotta così forte: lì tutti fanno le manovre giuste quindi la differenza la fai sui piccoli dettagli.
- Questo anche perché stiamo parlando di barche monotipo…
Considera che un lato della regata è di 1-1,3 miglia e noi lavoriamo sul metro. Cioè se noi facciamo un metro in più, ci cambia la regata, su due km di lato. Significa che puoi passare tutte le barche o non passarne una e a me cambiano tutti i piani a livello tattico e strategico. Quel metro in più lo fai con l’equipaggio che lavora alla perfezione e anche con l’equipaggio che sta fuori tanto perché su questo tipo di barche è molto importante stare fuori il più possibile col peso per la stabilità della barca. Ed è una fatica notevole, sei attaccato sulla deraglia con tutto il peso spostato sulle gambe che molto spesso ti si addormentano. A volte capita che vedo i ragazzi che cambiano posizione perché hanno dolori, mi guardano… ma è in quei momenti lì che il dettaglio ti permette di fare la differenza. A volte per un piccolo errore tuo vedi tante barche che ti passano e non perdi tanti metri, perdi solo posizioni perché gli altri non hanno sbagliato. Un decimo di nodo in meno per pochi secondi ti fa la differenza: bisogna essere delle macchine perfette e per esserlo bisogna navigare il più possibile.
Io devo pensare sempre in anticipo, 2-3 mosse prima, sia a livello tattico che a livello di manovre, bisogna preparare tutto prima e far sì che tutti a bordo sappiano le intenzioni del tattico in modo che nelle varie situazioni siano tutti pronti. A volte può succedere di cambiare il piano al volo ma sta a me dare anche il piano B in cui si dice allora il piano A è questo, se non passiamo quella barca passiamo al piano B che è tutta un’altra cosa ma sono comunque già tutti pronti. Deve essere una situazione chiara a monte per tutti soprattutto per Andrea Lacorte che è il timoniere e deve capire esattamente come agire e cosa fare nelle varie situazioni.
- Ti potremmo paragonare a un direttore d’orchestra, volendo, perché tu ti ritrovi a gestire entusiasmi, successi, fallimenti, scoraggiamenti ma che fondamentalmente partono tutti da una forte passione per il mare e per la vela. In tutto questo, la tua soddisfazione qual è?
La mia soddisfazione è il risultato, ma non il punteggio. Quando scendi a terra dopo una regata e sei soddisfatto per il lavoro che hai fatto a prescindere dal risultato ottenuto, ecco quella sensazione è la mia vittoria. Il nostro quarto posto al mondiale potrebbe sembrare quella che io chiamo una medaglia di legno in realtà per me è stata una grandissima soddisfazione personale perché ho visto che il gruppo è cresciuto tanto e ha avuto voglia di raggiungere quel risultato. Rispetto allo scorso anno che io non c’ero è migliorato molto e cambiando una pedina siamo riusciti a creare un team che da arrancante è risultato vincente e questo per me è un goal strepitoso!
Non so se posso essere definito un orchestratore di passioni, ma è molto importante che io riesca a far dare il 110% a tutti. È così in tutti i team, in tutte le squadre di qualunque sport.
- Quanto lavoro deve fare ancora Vitamina?
Beh, più lavora e meglio è!
Abbiamo ancora dei punti deboli abbastanza importanti, ma sono contento di questo perché arrivare quarti a un mondiale e avere margine di miglioramento è una cosa che vorrebbero avere tutti. Quindi dovremmo lavorare sui nostri punti deboli, in particolare ho già visto che nei 2-3 minuti dopo la partenza facciamo fatica, partiamo sempre molto bene ma nei primi minuti di gara facciamo sempre un po’ fatica a trovare la conduzione ideale. Lavoreremo per continuare a scattare come ci riesce, e la partenza fa già un buon 80% sulla regata, per poi continuare a lavorare fin da subito sui numeri giusti della barca senza perderci tempo prezioso.
- Il rischio che il Team di Vitamina si sieda dopo il 4° posto al mondiale?
Non c’è. Non c’è perché conosco tutti, ho imparato a conoscere anche Andrea che non si siede assolutamente sennò non esce neanche dal porto, ha voglia di fare, ha voglia di vincere e di divertirsi… per lui andare in barca deve essere un divertimento come prima cosa e se arriva il risultato ti diverti di più perché l’impegno sia di tempo che economico è notevole. Per noi professionisti il risultato è altrettanto importante perché se arrivi davanti sei più considerato, ti fa curriculum ed è più facile che ti arrivino richieste anche da altre barche… In ogni caso: sul fatto di sedersi su un quarto posto non ci pensiamo neanche, se lo scordano! – ride. Anche perché quest’anno al mondiale ci saranno più barche, molti armatori italiani hanno rinunciato alla passata edizione perché la trasferta in America è molto costosa, quindi quest’anno ci saranno almeno 5 barche in più di armatori italiani molto bravi con equipaggi buoni. Sarà più difficile partire e sarà più difficile arrivare nei primi quattro, se vogliamo. Non ci porremo comunque nessun tipo di limite e di sedersi non se ne parla, anzi!