“There is no second”: storia dell’America’s Cup, la Regata Regina. Parte 2.

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Alla Grande Esposizione Universale di Londra del 1851 il Royal Yacht Squadron ha ufficialmente sfidato il “giovane” New York Yacht Club in una gara velica. La sfida sarà raccolta?

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Parte II: L’azzardo dell’orgoglio

Il New York Yacht Club in effetti è giovane, fondato solo sette anni prima (ndr 1844), ed è John Cox Stevens ad esserne leader e commodoro. Il padre, prima di mettere le mani su barche e motori a vapore, era stato colonnello durante la Guerra d’Indipendenza contro gli inglesi. Il figlio invece ha fama di grande sportivo e scommettitore: si dice che nel 1823 lui e i suoi fratelli avessero puntato tutto quello che avevano in tasca, con tanto di orologi d’oro e diamanti, sul loro cavallo Eclipse, in una sfida col campione del sud Sir Harry (e in effetti Eclipse vinse di corto muso, per una manciata di centimetri).

È però proprio nel 1851 che Stevens decide di giocarsi la scommessa più folle e avventata della sua vita: battere le 14 imbarcazioni del Royal Yacht Squadron, in casa loro, nelle acque reali dell’Isola di Wight. Non solo raccoglie il guanto di sfida lanciato dal Duca di Winton, ma propone anche di anticipare la regata.
Le regole del tempo, tuttavia, non permettono ad un’imbarcazione straniera di prendere parte alle regate del Royal Yacht Squadron, a cui può partecipare solo chi ne è membro. Urge trovare una soluzione.
La soluzione pesa 3,8 kg, è alta circa 81 cm, e si chiama Coppa delle Cento Ghinee. Forgiata da Garrard, il gioielliere personale della regina, come si può intuire prende il nome dal proprio valore, e apparterrà al vincitore della regata.

Gli americani fanno sul serio e ingaggiano George Steers, considerato l’armatore più competente e innovativo del nuovo mondo, per realizzare una goletta (un’agile imbarcazione con gli alberi inclinati verso poppa) che possa tenere testa ai più veloci e soprattutto più esperti velieri britannici. Steers però non si ferma qui: suggerisce al Club un lupo di mare che, a suo dire, sarebbe perfetto al comando di quella goletta che risponde ora al nome di America: Captain Richard “Old Dick” Brown. È l’armatore di Mary Taylor, una barca molto simile ad America, ed abbina all’enorme conoscenza delle leggi del mare delle qualità umane che ne fanno un capitano leale e affidabile. Un capitano ideale.

Così il 3 maggio America salpa alla volta del Vecchio Continente, per giungere sulle coste inglesi dopo 21 giorni. In netta inferiorità numerica e in acque che non conosce, la ciurma americana ha le idee chiare: non ha solcato l’Oceano e percorso oltre 4000 miglia per soccombere alla flotta dell’Impero più potente del mondo.
Secondo un famoso proverbio popolare “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Ma se hai una buona barca e un valido equipaggio, aver ragione del mare può essere meno difficile di quanto sembra.

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I giorni passano, i preparativi si intensificano. Il percorso di regata sarà, ovviamente, attorno all’Isola di Wight. La flotta della gara è composta esclusivamente da scafi battenti la bandiera del Regno Unito, fatta eccezione per una goletta che ha attraversato l’oceano per misurarsi con quella che ne fu la madrepatria…

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